L’angolo del pilotino: un Markelov prima e dopo i pasti
Artem Markelov one man show. Cinico e maledetto, il pilota del Russian Time (non Russian Team ndr.) ha sfatato il luogo comune su Monaco. Nel tracciato del Principato si può sorpassare, basta avere grandi attributi, lucidità e sperare che chi ti preceda sia altrettanto sveglio da non chiuderti la porta in faccia.
Markelov, nella Sprint Race, ha mostrato tutta la sua esperienza quinquennale in F2/GP2, bullizzando Merhi e Gelael al via con una manovra che se l’avessi fatta io alla Playstation sarei finito sulla terrazza dei principi, per poi fregare Maini alla Rascasse (bravo Arjun a capire cosa stava succedendo e a non chiudere la porta), ed infine ha tentato in ogni modo a passare Deletraz venendo castrato dalla Safety Car nel finale.
Quando Artem ha provato il sorpasso all’esterno a Massenet ho pensato che fosse matto, e credo di non aver sbagliato di molto.
Onore quindi a Markelov, capace di entusiasmare il pubblico come già fatto vedere in Bahrain. Nonostante il grande spettacolo offerto il mio giudizio su di lui non cambia. Cinque anni di GP2/F2 senza mai vincere il titolo nonostante un team (non Time ndr.) costruito intorno a te devono farti venire qualche dubbio.
Anche Lando Norris (quello con la tuta blu che corre con Carlin, l’altro inglese con la tuta bianca che corre con ART è Russell ndr.) ha provato a regalare spettacolo, ma ha pisciato fuori dal vaso quando ha tentato di passare Boschung alla Anthony Noghes nella Feature Race.
Gli attributi c’erano tutti, la velocità anche, ma a Monaco ci sono punti in cui in due non si passa. Boschung aveva tutte le ragioni del mondo ad essere incazzato con Norris, visto che la sua monoposto si è ridotta di ¼ dopo il botto con le barriere, ma anche lui ha pisciato fuori dal vaso quando ha perculato Lando sui social per la manovra definendolo il “super talent”.
That was my podium today. Got taken out by the “super talent” totally gutted.
— Ralph Boschung (@BoschungRalph) May 25, 2018
Ora, capisco la delusione per una gara dove potevi finire a podio, ma credo sia evidente anche a chi guarda le sintesi della F2 che la tua carriera non è minimamente paragonabile a quella di un vero talento. “La miglior parola è quella che non si dice” recita il proverbio. Chissà se in Svizzera lo conoscono…
Un capitolo a parte in questa gara lo merita George Russell (si pronuncia Rassell ndr.). Credo che il problema tecnico accusato nelle Libere, che gli ha impedito di girare e conoscere il tracciato, lo abbia penalizzato molto, ma distruggere la tua monoposto in entrambe le gare non è accettabile.
George ha un titolo da portare a casa e una immagine da fenomeno da cementificare. Due erroracci del genere potrebbero far crollare le sue azioni e spero che in occasione del Paul Ricard (pista per me pessima per lo spettacolo) riesca a resettare la mente ed a riscattarsi prontamente.
Altro bocciato di giornata è senza dubbio Alexander Albon. La terza pole di fila a Monaco è indice di un piedino destro bello pesante, a differenza di Mr. 200 milioni Latifi, ma anche stavolta si è mangiato le gomme in un attimo.
Avere de Vries alle spalle che ti segue come un’ombra costantemente non deve essere stato facile, ma non può mancarti la lucidità quando decidi di tornare ai box e non puoi chiudere la porta in faccia a Nyck per poi restare fermo contromano nella corsia di ingresso in pit lane. Buttare al vento una vittoria quasi certa per una cazzata simile è forse peggio dei due errori commessi da Russell nelle due gare.
Le ultime due considerazioni le dedico a Nissany ed alla voce narrante della gara.
L’israeliano non è adatto a correre in F2. Già a Baku aveva fatto vedere di avere difficoltà nel tenere la macchina lontana dai muretti ed a Monaco ha replicato quanto visto nel secondo appuntamento della stagione. Per me andrebbe fermato prima che si faccia del male.
Capitolo voce narrante. Non conosco il motivo per il quale Rizzica non abbia commentato la F2 lo scorso weekend, ma ascoltare una telecronaca piena di svarioni, con piloti confusi, cognomi storpiati, urla senza motivo, e addirittura l’undicesima squadra, il Russian Team, presente in pista, non ha reso per nulla merito ad una categoria e a due gare davvero belle.
Capisco che non seguire mai la F2 e poi trovarsi improvvisamente a commentare una categoria della quale si sa poco sia difficile, ma se lo slogan è “per amore dello sport” allora lo scorso weekend Cupido era da un’altra parte.